(a cura di Mary Jackie Nicklaus)
Bando alle ciance.
Oggi sarà riservato solo un piccolo accenno al resoconto della terza prova della Chena-Cup.
Per la cronaca tre maschietti, del resto dobbiamo lasciare un po’ di spazio anche a loro altrimenti si mettono a piangere, sono saliti sul podio: Colin, Phill e Tiger.
Per loro un timido 17, ben lontano da quanto Ninì, Dani e la sottoscritta hanno saputo raggiungere nelle prove precedenti.
Ma oggi, mi sia concesso, ho voluto appropriarmi di questo spazio per dedicarlo al mio ‘ragazzo’ ed al suo colpo prediletto.
Siamo alla buca 9.
Alcuni compagni, quelli che hanno già ultimato il percorso, sono appoggiati alla staccionata che fa da balcone al non facile par 3.
Il nostro team, il terzo, ha appena ultimato il tee-shot.
Il ‘mio’ Phill, come spesso gli accade, ha centrato in pieno l’insidioso bunker.
Lo seguo mentre risale la buca ed osserva con attenzione l’esatta posizione della sua Callaway soft numero quattro.
Fortunatamente, è appoggiata con delicatezza sull’arena per l’occasione perfettamente (!) rastrellata.
Lo controllo mentre studia con scolastica diligenza l’insidiosa pendenza di sabbia, mentre analizza con cura il piccolo gradino che unisce il finire del bunker con l’inizio del green e rileva la piccola discesa verde che avrebbe dovuto accompagnare la sua pallina sino alla buca.
Lo vedo tornare quindi deciso alla sua sacca e far finta (ormai lo conosco abbastanza bene) di pensare a quale sarebbe il ferro più adatto: in cuor suo sa già perfettamente, fin da quando si è incamminato verso la buca a primo colpo già effettuato, quale sarebbe stata la sua scelta. Ecco che con malcelata teatralità estrae il suo magico putt, poi ritorna sul luogo del delitto e ripete mentalmente l’esatto percorso che vorrebbe facesse la sua bianca bilia.
Cerca il giusto address e ripassa con il pensiero la forza da imprimere al suo gesto.
Ora non resta che eseguire il suo dissennato colpo prediletto, mentre io ‘rabbrividisco’ come diceva Anatolia di buona memoria.
Il contatto con il putt risulta pressoché da manuale.
La pallina risale con la giusta velocità la ripida salita di sabbia, sobbalza come previsto di qualche centimetro al primo contatto con la sponda del green e successivamente, approfittando della dolce discesa, prende ad avvicinarsi dolcemente verso la buca per arrestare la sua corsa a poco più di una spanna dall’obbiettivo. Un ammirato e sincero applauso si leva tra il pubblico amico, anche se tra gli urletti di giubilo non manca un inopportuno e timido ‘Il solito culo del Money!’ (perdoniamogli il francesismo).
Ma fu una ‘foscoliana’ vera gloria?
Col cavolo che Phill può rinviare ai posteri l’ardua sentenza: le severe ed impietose regole del golf gli impongono di portare a conclusione la buca prima che morte lo colga.
Ma per il mio Phill l’impossibile è ormai alle spalle. E’ infatti sufficiente un semplice putt di appoggio per portare a termine il suo piccolo capolavoro.
A conclusione, non posso che suggerirvi di fare un breve salto al Gulf-Us di via Gallarate e di prenotare al più presto il nuovissimo manuale del golf, dal titolo ‘Il bunker secondo Phill’ a cura di Phill Money Mickelson, il mio ‘ragazzo’.